Euridice

(2 recensioni dei clienti)

15,00 

di Giulia Centrone

 

A causa di un banale incidente, Andrea, Riccardo, Daniel e Lisa si ritrovano nella sala d’aspetto di un ospedale per avere notizie di Gemma, una ragazza che è quasi una sconosciuta. Quando Gemma scopre di avere un cancro, però, le vite dei cinque si incrociano e il destino della ragazza incombe su di loro come un sesto oscuro personaggio. Decisa a essere forte di fronte a questo colpo della sorte, Gemma parte per la Grecia e inevitabilmente gli altri la seguono. Così, mentre lei affronta la possibilità della morte, gli altri, spinti alla riflessione da questa ragazza ottimista e serena, si ritrovano a fare i conti con le decisioni del passato e le scelte per il futuro.

Gemma è il sole attorno a cui ruota la narrazione e nell’affrontare il suo destino la ragazza comprende che la vera sfida non è la morte, bensì la vita. E che, in ogni caso, vale la pena lottare.

Ma questo romanzo riserva una sorpresa perché non si arriva a un solo e unico finale. Il narratore lascia le porte aperte a ogni tipo di lettore, facendone un identikit e offrendo a ognuno la fine che più gli si addice.

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Ecco un’anteprima del romanzo
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LEGGI, TI SALVERÀ

Una costante della vita di Gemma erano i libri. Se si annoiava, se era triste, se era preoccupata, non c’era rifugio migliore che aprire un libro. Tra le pagine, sulle parole scritte, nell’odore della carta, c’era una porta che conduceva lontano, come il pozzo di Alice. Leggere era un posto tutto suo: più della musica, che aveva condiviso con suo nonno, più delle passeggiate immerse nella natura con sua madre, leggere l’aveva salvata dal lutto e dall’adolescenza. Nei libri aveva trovato risposte a domande che non era riuscita nemmeno a formulare. Quanti libri aveva stretto al petto, fissando il cielo con occhi sognanti.

Da anni, i libri curavano la sua insonnia. Per evitare il tormento di veder scorrere lentamente la notte, prendeva un libro e trovava un posticino dove rannicchiarsi e leggere. Quella era stata una giornata faticosa – lei e Riccardo avevano aperto le prime scatole e montato il grosso armadio – e si sentiva stanca, ma non era riuscita ad addormentarsi. Accanto a lei sul materasso, Riccardo russava con la bocca aperta. Inutilmente aveva provato a tapparsi le orecchie e alla fine si era alzata ed era andata alla finestra lasciata socchiusa. L’aria della notte era così piacevole, né fredda né calda, che Gemma aveva deciso di scendere in cortile e di sistemarsi sul dondolo con uno dei suoi libri preferiti. A passo leggero era uscita nella notte, si era seduta come al suo solito con le ginocchia tirate contro il petto e il libro stretto; era rimasta con gli occhi alzati a guardare il cielo.

Era così cullata da quella immagine immensa e serena che non si era accorta della porta che si apriva e si richiudeva velocemente.

«Non dormi?».

Gemma sobbalzò tanto che il libro le cadde nell’erba. Andrea fu rapido e si chinò a raccoglierlo, portandoselo vicino al viso per leggere il titolo. Un giorno questo dolore ti sarà utile, di Peter Cameron.

«Ti ho spaventata, scusa. Ti ho sentita scendere e volevo sapere se stavi bene».

«Sto bene», sorrise lei. Aveva timore della vicinanza di Andrea, ma non poteva ammetterlo. Si sentiva come una preda, un topolino che il gatto fissa leccandosi i baffi. Era tutto così strano tra loro. Doveva restare fedele alla propria strategia.

«Non riesci a dormire?», chiese Andrea, sedendosi accanto a lei, ma continuando a fissare la copertina del libro. Gemma si spostò impercettibilmente sul dondolo, per evitare di sfiorarlo. Andrea se ne accorse e storse la bocca.

«Nemmeno tu».

«Riccardo russa».

«Abbiamo lo stesso problema, allora».

Ridacchiarono. Gemma alzò il viso al cielo e Andrea si mise a leggere il retro della copertina.

«Di cosa parla questo libro? Ne hai già letta qualche pagina?».

«Lo avrò letto quindici volte».

Andrea strabuzzò gli occhi. «È così bello?».

«Non c’è una vera e propria trama. Anzi, direi che la trama è banale. Importa quello che pensa e come lo dice. Ogni volta che lo riprendo in mano, ha qualcosa di nuovo da dirmi. Quando mi sento confusa… ecco, lui riesce a districare i miei pensieri e a mettere sulla carta esattamente quello che sento. È una specie di libro magico per me. Mi conosce, non lo so».

Andrea osservava il suo profilo: Gemma aveva un bellissimo viso, dolce, il naso dritto e gli occhi grandi, le labbra piene e le ciglia lunghe. Forse Andrea era in terza media quando lo aveva notato la prima volta. Un amico del suo gruppo, un tipo che veniva sospeso ogni due settimane, con denti sporgenti e sopracciglia troppo sottili, gliela aveva indicata una volta nella pausa pranzo, mentre fumavano di nascosto dietro i cassonetti.

«Però, che bel viso che ha quella», Andrea aveva tossito, più per la sorpresa di sentirlo parlare in quel modo – senza una sola parolaccia – che per il fumo. «Peccato sia grassa», aveva concluso l’altro. Andrea aveva guardato Gemma, ricordandola come la prima che si era buttata nel lago durante la gita alle scuole medie, e aveva pensato che c’era una stupenda armonia nel suo volto sorridente. La vedeva così raramente in giro che presto l’aveva dimenticata.

Il ragazzo aprì il libro casualmente e provò a leggere qualche riga:

Se nella mia vita quella donna fosse stata destinata a diventare importante? Credo che sia questo a farmi paura: la casualità di tutto. Persone che per te potrebbero essere importanti ti passano accanto e se ne vanno. E tu farai altrettanto. Come si fa a saperlo?

«Che ti dicevo? Parla», commentò Gemma dopo aver sbirciato da sopra la sua spalla. Andrea la guardò, aggrappandosi al libro come se si sentisse cadere all’indietro.

«Mi dispiace».

«Per cosa?».

«Tutto. Per non esserti stato vicino in questi giorni. Per quello che ho scritto».

«Va bene così, Andrea». Avrebbe ucciso per sentirsi chiamare ancora Andy. Il suo nome intero gli pareva una barriera, come se quelle lettere in più servissero a costruire un muro.

«Preferirei che fossi arrabbiata con me».

Gemma gli sorrise.

«Mi spiace, ma non sono arrabbiata. All’inizio ci sono stata male, è vero, ma riflettendoci tu sei solo rimasto fedele a quanto avevamo deciso: stand-by. Beh, certo, con gli ultimi sviluppi è chiaro che non ci sarà un play, ma è giusto così».

«Di che parli?».

«Parti per Londra. Non potrai tornare. Lo so».

«Beh, non è detto…», iniziò a dire Andrea. Si sentiva male.

«A proposito di Londra», disse lei, cercando di cambiare argomento. «Oggi ho telefonato a un vecchio amico. Si chiama Augusto, studiava musica con mia madre. Si è trasferito a Londra e ora gestisce un pub», Gemma parlava rapidamente, la mano che si agitava nello spazio tra loro due e lo sguardo che vagava incerto tra il cielo e il blu degli occhi di Andrea. «Gli ho parlato di te e mi ha detto… Beh, non può fare promesse, però se ti presenti da lui ti può mettere alla prova e darti un lavoro».

Andrea le sorrise: «Mi hai trovato un lavoro?».

«Potenzialmente, diciamo. Ho pensato che ne avresti avuto bisogno e magari era meglio avere un punto di partenza. Augusto è una persona meravigliosa, mi è molto affezionato e so che ti tratterà bene».

Andrea annuì piano. Teneva ancora il libro tra le mani.

La casualità era stata il motore della nostra storia: se solo non avesse tirato un calcio a un pallone, Andrea non avrebbe mai conosciuto Gemma. Lei sarebbe rimasta nei suoi ricordi una figura a margine. Lui avrebbe continuato a vivere la sua vita violenta, di botte e sesso occasionale, fino a che qualcosa non vi avesse posto fine. La casualità del loro incontro lo turbava: poteva essere tutto diverso. Una frazione di secondo e Gemma sarebbe passata oltre senza notare il pallone. A volte ci pensava così intensamente che si sentiva sopraffare: da una parte, trovava ingiusto quanto fosse cambiata la sua vita; il suo equilibrio, sebbene precario, gli mancava. Prima era tutto più semplice: alla violenza domestica era ormai abituato e gli mancava risolvere i problemi e le preoccupazioni nella semplicità di un drink o di una scopata. Dall’altra… beh, dall’altra non poteva immaginare la sua vita senza Gemma. Dall’altra non ricordava di aver mai provato sentimenti tanto profondi, né per un’altra persona né per sé stesso. Era come se fosse sprofondato dentro di sé: aveva pietà del bambino che era stato, aveva pena del ragazzo confuso che era. Nulla era semplice, tutto gli sembrava complicato; ma in fondo sapeva che, semplicemente, prima nulla aveva importanza per lui, ogni cosa gli era indifferente. La casualità aveva fatto sì che nella sua vita qualcosa meritasse tutta la sua protezione e tutto il suo impegno. Una cosa preziosa, come aveva detto Marco.

«Perché ti preoccupi per me?», bisbigliò piegandosi verso Gemma.

«Volevo solo fare un gesto gentile».

«Sei sempre gentile», le posò un dito sulla spalla nuda.

«Andrea», provò a dire lei, deglutendo e chiudendo gli occhi.

«Mi avresti invitato in Grecia?».

«Probabilmente no», gli sorrise. Andrea ritrasse la mano. «Non fraintendere. Ma in fondo sapevo che tra noi non poteva funzionare. Avevo paura di chiedertelo perché allo stesso tempo temevo mi dicessi di no e temevo mi dicessi di sì».

«Credi che tra noi non possa funzionare?», Andrea si sentiva ferito, ma riprese ad accarezzarle il braccio col dito.

«È quello che credi anche tu. Siamo diversi. E siamo uguali. Solo che siamo diversi in cose fondamentali e uguali nei difetti».

«Ah, sì? Tipo?».

«Nessuno dei due sa parlare del proprio dolore. Ne abbiamo paura e lo nascondiamo. Io sorrido a forza e mi nascondo nei libri», Gemma si allungò e raccolse Cameron dalle gambe di Andrea, «tu ti arrabbi e ti nascondi in discoteca o sulla moto. Siamo due bugiardi. Ma io cerco di riemergere; tu sprofondi».

«Tu bianca, e io nero», commentò Andrea.

Si rimise con la schiena aderente al sedile e iniziò a dondolare con le gambe. Era così che si sentiva: nero, scuro dentro, con l’anima irrimediabilmente corrotta.

«Su cosa hai mentito? Sul tuo lutto?», le chiese dopo aver riflettuto a lungo sulle sue parole.

«A quale lutto ti riferisci?», ribatté lei, sorridendo. Quel sorriso ora gli appariva come una maschera. Andrea la guardò negli occhi. E provò a fare un salto nel buio che aveva dentro. La prese per mano e le raccontò di sua madre, di Myriam e del motivo per cui non denunciava suo padre: per la vergogna di ammettere di aver subìto tutta quella violenza senza sapersene davvero difendere, per il marchio che si sentiva addosso e che non voleva che altri vedessero. Riversò su di lei il suo dolore come il fiume che rompe la diga.

Gemma lo ascoltò in silenzio, guardandolo negli occhi senza quasi sbattere le palpebre, carezzandogli col pollice il dorso della mano. Quando Andrea smise di parlare, lei si allungò ad abbracciarlo. Era l’abbraccio di un amico, il conforto di cui non credeva di aver bisogno. La strinse a sé, affondando il volto nell’incavo della sua spalla. E quando lei sciolse le braccia dal suo collo, Andrea le portò una mano sulla nuca e tentò di baciarla. Gemma si ritrasse, con un sorriso.

«Gemma…», mormorò lui. Lei si alzò in piedi.

«Dovremmo andare a dormire».

«Aspetta. Apriamo un’altra parentesi, solo per noi», si era alzato e il libro dondolava solitario.

«Nessuna parentesi, Andrea. Ci faremmo del male».

«Se non ti bacio subito, starò davvero male».

Lei rise, una risata sincera e allegra.

«Non dire sciocchezze».

«Gemma, ascoltami», le cercò inutilmente le mani, «pensi che abbia mai raccontato a qualcun altro di mia madre? Pensi che starei così male se al tuo posto ci fosse un’altra? Ieri sera, io… beh, ero confuso, tutto questo mi spaventa, quello che provo mi spaventa, quello che ti può succedere… Però non cambia niente. Questa cosa che provo…».

«La vuoi una differenza tra me e te, Andrea?», gli andò vicino, si fece prendere per i fianchi, ma lo tenne fermo bloccandolo sugli avambracci, «io non l’avrei mai chiamata “cosa”».

Gli diede un bacio sulla guancia, prese il libro dal dondolo e sparì in casa.

Una stella cadente passò rapida sopra la testa di Andrea, ma lui era così confuso che, pur vedendola, non si chiese quale desiderio volesse esprimere. Andare a Londra era da sempre un buon piano, per lui; ma, a Londra, non c’era Gemma.

2 recensioni per Euridice

  1. chiara

    Euridice, di Giulia Centrone
    Ho letto questo romanzo in pochi giorni, attratta dalla trama, col desiderio di vedere come i tanti nodi narrativi si sarebbero risolti, ma i motivi per cui trovo molto interessante questa opera di esordio sono davvero tanti.
    L’ORGANIZZAZIONE
    È un romanzo- game (non so se si possa usare questo termine), in cui chi scrive introduce, nel finale, diverse ipotesi di sviluppo, e sta al lettore scegliere, secondo la sua sensibilità, la conclusione che considera più adatta. Questo gioco di interloquire col lettore è presente nel corso di tutto il romanzo, ed è davvero geniale. Si rompe continuamente la quarta parete, come avviene spesso nel teatro moderno, ma come avveniva anche nel teatro antico – e sicuramente la formazione classica dell’autrice gliel’ha suggerito – con il prologo, e con gli intercalari del coro.
    Nel corso del romanzo, quindi, oltre a parlare direttamente col lettore, quasi a voler risvegliare la sua attenzione e sondare la sua partecipazione, ci sono delle digressioni su temi sociali, o etici, o quasi filosofici, attraverso i quali Giulia parla di sé, dei suoi valori, delle sue convinzioni.
    Nel romanzo la trama è arricchita da tantissimi riferimenti culturali, musica, letteratura, arte, mitologia, ma anche fisica, matematica… è davvero un romanzo postmoderno con questo mosaico di citazioni e rimandi, a volte palesi, a volte suggeriti e colti, quasi come una strizzatina d’occhio, da chi condivide con Giulia quelle passioni.
    LA TRAMA
    Ci sono, nel romanzo, tantissimi temi che si intrecciano con le vicende dei cinque personaggi principali. Sono i temi della vita e della morte, comuni a tutti i personaggi, e sono i temi delle difficoltà che i giovani si trovano di fronte nel loro diventare adulti: l’amicizia, il sesso, l’identità sessuale, la voglia di sfuggire a responsabilità e impegni, le scelte di vita e lavoro. Accanto a questi è introdotto, gradualmente, il drammatico tema della violenza domestica.
    La storia segue i personaggi nell’arco di pochi mesi e vede le loro interazioni: la rinascita di un amore, lo scontro/incontro con gli amici, le dinamiche all’interno dei gruppi di pari, i sogni di due anziani e il bisogno di proteggerli da parte della nipote, la difficile crescita di un giovane segnato da tanti abbandoni – la madre, per malattia, la zia, per debolezza e superficialità, il padre, per ferocia – , il coraggio nell’affrontare la malattia, il coraggio e la gioia di fare coming out …

    I PERSONAGGI
    I personaggi sono tanti e ognuno rappresenta un aspetto del difficile percorso della vita. Gemma è la leggerezza e la responsabilità e il coraggio; Riccardo è la giovinezza e la confusione e la forza dell’amicizia; i suoi genitori il caldo grembo della famiglia, anche per chi della famiglia non fa parte; Andrea, che a prima vista è superficiale e incapace di assumersi fino in fondo le responsabilità, è così perché tradito in tanti modi dalla vita; Lisa è la razionalità e le paure; Daniel è l’istintivo che man mano cresce nella responsabilità; Marco è il dolore e il coraggio; i nonni, così diversi, sono l’immagine dell’armonia che si può raggiungere, anche quando si è diversi… e poi tutti gli altri personaggi che appaiono per brevi momenti : il padre feroce, la zia leggera e inconsapevole del suo tradimento, la madre in un mondo ovattato…
    Tutti i personaggi svelano la loro personalità nel corso della narrazione, con piccoli dettagli, per mezzo di pennellate successive attraverso le quali Giulia li fa emergere, quasi visivamente, dalle pagine

    LO STILE
    la scrittura è impeccabile, curata nei minimi dettagli, davvero scorrevole e mai banale, la ricchezza dei dialoghi rende la lettura fluida e coinvolgente. Dell’intervento dell’autrice a commentare, spiegare e risvegliare il lettore abbiamo già detto, ma ripeto che è un elemento di grande originalità, come anche l’uso di caratteri tipografici diversi, l’inserto di elementi grafici, la proposta di finali alternativi…
    La frase finale è bellissima e illumina tutto il testo. È veramente notevole e raro che un’autrice così giovane sappia scandagliare con tanta profondità l’animo umano. C’è in queste pagine tutto il mondo di pensieri e affetti di Giulia, e chi la conosce saprà comprenderlo, gli altri ne saranno ammirati e vorranno conoscerla.

  2. Rita

    All’inizio, credevo che fosse solo un libro. Scritto bene, a giudicare dall’anteprima, e piacevole da leggere, incuriosita dal titolo e dal suo significato nascosto, invogliata dalla promessa di un finale fatto apposta per me.
    Fin dalle prime pagine, ho scoperto che era un attento interlocutore. Il libro mi interrogava e mi proponeva le sue considerazioni, saltellando dalla mitologia alla matematica, dalla pittura alle neuroscienze e oltre ancora. Potevo innervosirmi e rimproverargli di bloccare il procedere della trama? No, era troppo simpatico, un tipino colto e riflessivo, capace di scendere nel profondo senza perdere leggerezza. E così siamo andati avanti insieme, condividendo le giornate di Gemma, imparando a conoscere poco per volta tutti i personaggi e riflettendo su ciò che della vita spesso ci sfugge.
    E’ stato anche una pagina di Wikipedia sul mondo dei giovani (visto che io giovane non lo sono più da un pezzo), un biglietto di andata e ritorno per la Grecia, una tavolozza di emozioni declinate con tutte le sfumature possibili, un repertorio di canzoni da riascoltare e libri da rileggere e film da rivedere, un catalogo di novità da cercare. Un amico di cui parlare con altri e, se se lo meritano, da presentare personalmente in un bel pacchettino con fiocco. Perché anche loro, alla fine, lo chiudano con un sorridente “Sì, vale la pena”…

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