Per colpa tua, per merito mio

(2 recensioni dei clienti)

14,00 

di Andrea Giacalone

Ci sono parole che per motivi vari hanno rapidamente perso di significato, svuotate e riempite di slogan. Una su tutte: resilienza.

“Per colpa tua, per merito mio” è il romanzo che prende la resilienza, le toglie nastrini fluorescenti, spille e paillettes, dà qualche pacca di conforto e sentenzia un: «Bene, Resyl, ora sei di nuovo tu», dopodiché arrivederci e tanti saluti.

E quindi: c’è da aspettarsi discorsi, pensieri, teorie, parole che ridisegnano certezze, com’è giusto che sia. Un libro per pensare. Bene, male, questo sta a te.

Se a una qualche divinità venisse lo schiribizzo di trasformare i salmoni in esseri senzienti, molti di loro finirebbero col domandarsi: «Ma che senso ha risalire la corrente e morire di fatica, sfidando orsi e buonsenso?» I più attenti alla sopravvivenza risponderebbero: «Blablabla, le uova, l’istinto…» ma ci sarebbe comunque un salmone soddisfatto nel vedere i suoi simili scendere verso il mare, anche solo per godersi le difficoltà e le meraviglie di una risalita controcorrente.

A quel salmone piacerebbe questo libro. E anche a te, dico bene?

P.S. Questo è un libro irriverente, diretto, politicamente scorretto, esplicito e sconcio al punto giusto (forse anche qualcosa in più). Io ti ho avvisato, ora risali pure la corrente…

 

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PROLOGO

Aveva una spalla più corta di qualche centimetro rispetto all’altra. Fu per via delle complicanze durante il parto.

Se la videro brutta a farlo uscire dalle cosce di sua madre. Prima rischiò di strozzarsi con il cordone ombelicale, dopodiché si voltò a dar le chiappe in faccia a medici e paramedici, come a dire: “Fanculo, fanculo voi, le vostre lauree e fanculo il mondo là fuori, io da qui non mi muovo”, come sapesse che la vita gli avrebbe portato solo rogne.

Cesareo d’urgenza.

Fine dei giochi.

Eccolo lì al mondo, una spalla a penzoloni e prima azione fatta controvoglia: nascere. Faccia che non trasmetteva niente, niente di buono. Non piangeva, non sorrideva… insomma: era incazzato. Lo avevano svegliato, quasi strozzato, rotto una spalla, messo a testa in giù per farlo piangere. Non si poteva certo dargli torto, la gente va di matto per molto meno: per un parcheggio, per la crema antirughe, per un ‘mi piace’ di troppo, per una spunta blu, per il pane di ieri, per la luce che manca da due ore, per una buca, perché ha i capelli ricci e li vorrebbe lisci, perché ha i capelli lisci e li vorrebbe ricci. I fottuti sono sempre quelli che li hanno mossi, provi a lisciarli, provi a ricciarli, verranno sempre a cazzo di cane. Che poi, il cazzo del cane che cos’ha che non va? È un cazzo ed è di un cane, forse pure loro per indicare un cane dal pelo mosso usano l’espressione «a cazzo d’uomo».

Fatto sta che, come vi dicevo, la gente si incazza per molto meno. Provate a prendere uno, in pieno sonno, nel bel mezzo della notte, svegliatelo di colpo, legategli un cappio al collo quasi a strozzarlo, poi liberatelo prima di ammazzarlo del tutto, rompetegli una spalla e infine, ditegli: buongiorno.

Ah, dimenticavo: cominciate a correre.

La mia prima fidanzatina fu Sofia, la mia compagnetta delle elementari, tuttavia durò poco. Ancora oggi non siamo riusciti a venire a capo del perché ci lasciammo, o meglio, ognuno di noi ricorda la sua verità, la sua versione dei fatti. Io ricordo che ci lasciammo perché confidai a mio padre che ci eravamo fidanzati e lui lo raccontò al papà di Sofia e per vergogna ci lasciammo. Sofia ricorda esattamente il contrario cioè che lei lo raccontò a suo padre e suo padre al mio e poi per vergogna decidemmo di lasciarci. Credo che non ne verremo mai a capo, l’unica cosa sulla quale siamo d’accordo, oggi come allora, è che ci lasciammo per vergogna.

Oggi Sofia e io abbiamo trentatré anni e, ripensandoci, sì è vero eravamo dei bambini, ma credo che sia stato l’amore più puro. Solo a quell’età si può amare così, e noi volevamo che questo sentimento restasse solo nostro, che non perdesse di valore, che non avesse contaminazioni, puro come lo eravamo noi e quindi, una volta divenuto pubblico, se avessimo continuato non sarebbe più stato amore puro, amore vero ma appunto contaminato, quello che tutti viviamo e che crediamo sia l’amore. Ripensandoci non ci lasciammo per vergogna ma per amore.

Poi fu la volta di Simona, anche con lei durò pochissimo. Sapete per cosa mi ha lasciato? Un qualcosa di impensabile nel 2023.

Mi ha lasciato perché non ho risposto ai suoi messaggi sul cellulare per due giorni. E fin qui ci può stare, direte voi.

Adesso cerchiamo di contestualizzare: facevo la terza media, era l’anno 2000, anno in cui tutti i ragazzini più di ogni altra cosa desideravano il mitico Nokia 3310.

Il 3310 conteneva una quantità limitata di messaggi, una volta riempita la memoria dovevi cancellarli per poter riceverne altri. In quei due giorni non mi accorsi di avere la memoria piena e quindi Simona mi inviò qualcosa come venti messaggi, ma io non li ricevevo e quindi non rispondevo, e così fui lasciato.

Quasi tutte le estati terminata la scuola passavo una settimana nella casa di campagna del mio amico Paolo. Nell’estate tra la terza media e la prima liceo Paolo aveva conosciuto e si era fidanzato con una certa Claudia e io, di lì a poco, con l’amica di Claudia, Barbara. Tutto filava liscio e io decisi di rimanere fino a fine estate. Poi, un giorno, con l’avvicinarsi dell’inizio dell’anno scolastico Paolo mi disse: «Henry, io mi lascio.»

«E perché?»

«Ora inizia la scuola, chi ci viene più fin qua in campagna.»

La nonna di Paolo e le nostre fidanzate abitavano a circa quindici chilometri dal centro città.

«Se ti lasci tu, mi lascio anch’io.»

E così, da veri vigliacchi, facemmo due chiamate e lasciammo Claudia e Barbara.

Insomma, se mio padre non avesse raccontato tutto al padre di Sofia o il padre di Sofia al mio e se la storia con Simona fosse avvenuta qualche anno più tardi (infatti via via uscirono cellulari che disponevano di una memoria più ampia), o se io quella sera mi fossi accorto della memoria piena, o ancora, se Claudia e Barbara fossero vissute in città e noi non fossimo stati così pigri da non potere fare quindici chilometri, non avreste mai letto questo libro.

2 recensioni per Per colpa tua, per merito mio

  1. Pina

    Questo libro, che l’Autore definisce ” non un romanzo, non una novella, non un racconto, ma un cuore trascritto”, ha rappresentato per me una piacevole e intetessante lettura. Mi ha offerto spunti di riflessione sull’importanza di essere se stessi, sempre e comunque; sul non soccombere ai pregiudizi ideologici, sull’imparare a ragionare, come dice lo stesso autore, “in termini di Noi e non di noi e loro”.

  2. Anna Passacantilli

    Ciao,
    Oggi vi parlo di un libro che non è proprio nelle mie corde, ma che ho adorato fin dalle prime righe. Si tratta di “Per colpa tua, Per merito mio” di Andrea Giacalone che ringrazio ancora per avermi proposto una collaborazione.
    Ho solo una parola per descrivere questa storia: Catartica.
    Per tutta la lettura del libro, ho avuto la sensazione che non stessi leggendo effettivamente, ma che mi trovassi nel bel mezzo di una conversazione. Come se qualcuno mi stava raccontando pezzi della sua vita ed è stata la cosa che più mi ha attirato.
    Il linguaggio di Andrea è crudo, esplicito e diretto. Non usa mezzi termini e in questo caso, questo stile di scrittura era più che azzeccato per il messaggio del libro.
    Un aiuto a psicanalizzarsi, all’importanza di essere se stessi e uno schiaffo in faccia alla vita di tutti i giorni, questo ha rappresentato per me questa storia.

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