Il giorno in cui perdemmo il filo

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di RosL

 

 

La fine di una storia lascia sempre un senso di incompiuto.

Lo sanno bene i protagonisti: si sono innamorati nel giro di qualche giorno – come se non aspettassero altro – e altrettanto velocemente hanno chiuso quella relazione che sembrava avere tutte le carte in regola per durare in eterno.

Ma come è stato possibile passare da coppia consolidata, che non riusciva a stare separata un solo istante, a un paio di individui che non si possono sentire, né tantomeno vedere?

Lei si chiede quale sia il senso di avere incontrato quello che considera l’uomo della sua vita per poi perderlo; rilegge incessantemente la chat di Facebook degli esordi e quella di WhatsApp degli ultimi tre anni e non si capacita del cambiamento repentino del marito.

Riuscirà Lei a ritrovare il suo posto nel mondo e una dimensione in cui mantenere un legame con Lui, per il quale comunque continua a provare amore?

E Lui riuscirà a ritrovare se stesso, dato che ha troncato la relazione perché sentiva che tutte le sue certezze, i suoi punti di riferimento, erano crollati?

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Over the love

 

WhatsApp del 10/10/2023

Ma cosa stiamo facendo? Non possiamo riprovarci se c’è anche solo un flebile sentimento? Non posso credere che a nulla valga tutta la strada che abbiamo percorso insieme. Siamo davvero diventati due estranei che non hanno più nulla da spartire? Che non hanno più voglia di giocare, ridere, sclerare insieme e guardarsi negli occhi?

 

 

Vorrei poter urlare a squarciagola, correre a perdifiato finché non sento il cuore scoppiarmi in petto e cancellare gli ultimi giorni dalla mia vita. Cancellare te quando dici che hai dubbi, che non sai cosa vuoi, che hai messo tutto in discussione… e cancellare me, che vorrei solo guardar quei tuoi occhi pazzeschi, gli stessi che mi hanno rapito undici anni fa. Stare ad accarezzarti e provare quella sensazione di pervadente benessere. Starti accanto e semplicemente amarti, in tutti i momenti della nostra vita incasinata, piena di scossoni, di strade sterrate in salita, di incertezze in attesa.

Alla fine, io, quella dall’animo più semplice, me ne sono fregata dei cataclismi, sicura che con te li avrei affrontati tutti, a “cazzo duro”, come dice qualcuno, senza tentennamenti, perché al
termine di ogni fottuta giornata ci saresti stato tu con i tuoi umori, le tue battute, i tuoi rimproveri, a ricordarmi ciò per cui ci si era battuti.
La lotta primordiale che ci ha portati fin qui. A questi infausti giorni. Quella per il diritto a esistere come coppia, certa che il tempo a venire avrebbe dato ragione a quell’amore di cui ora tu non sei più sicuro, ma che io continuo a professare come una rassicurante litania da ripetere in eterno, fino alla fine dei miei giorni. Ciò che volevamo mi si palesa nella testa e nel cuore. E i progetti di cui abbiamo parlato, che mi tengono viva e mi consentono di andare avanti nonostante le tempeste imperversino tutte intorno, io non voglio abbandonarli, voglio custodirli come si fa con una fotografia di una persona cara che non c’è più.
Voglio avere davanti ai miei occhi il nostro bilocale pieno di gatti, con il giardino in cui coltivare l’orto e accudire gli animali, con un garage in cui parcheggiare il nostro van da tirare fuori nel week-end e un gazebo in cui accogliere figli e nipoti.
Ciò che volevamo… non mi abbandonerà mai. Resterà scolpito nell’anima, così come i tattoo che ho fatto per te, sulla mia pelle. Vorrei poter realizzare tutto. Vorrei che questa mestizia fosse passeggera, vorrei che, alla fine, la tua intuizione ti riportasse da me. Perché insieme funzioniamo, come non ho mai funzionato con nessun altro. E non posso pensare che tutto quell’amore che dichiaravamo, sia svanito lasciando il posto al nulla, ad un “non so” e all’incertezza. Non posso e non voglio crederlo. Vorrei anche poter ripartire da ciò che volevamo… undici anni fa… io, allora, volevo semplicemente te.

Ecco, lo sapevo!

Sapevo che sarei ricaduta nel sentimentalismo, camuffato da romanticismo sdolcinato, smielato, proprio io che amo il rock e ho scoperto di adorare la batteria… altro che violini! Certe volte vorrei pestare sul mio set a più non posso, per sfogare la frustrazione che accompagna ogni mia giornata. Quella frustrazione che mi porta a desiderare, con ogni singolo centimetro di me, che sopraggiunga l’attimo in cui potrò cantare “…now I can forget you ‘cause I’m over the love”[1]. La mia maledizione (o benedizione?) è che questo non è il momento. Mi sa che per affidarti all’oblio mi ci vorranno ettolitri di alcol e un precoce, quanto provvidenziale, Alzheimer.

 

[1] “Adesso posso dimenticarti perché sono oltre l’amore” – Skunk Anansie, Over the love, 2010

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