FATUM

L'autore

Marco Cordara Antona, nato il 9 marzo 1993, con una grande passione per le tematiche psicologiche e horror, in forte contrasto con un carattere allegro e per lo più spensierato. Influenzato dalla “cultura” videoludica, dalla propria fantasia e da ciò che la società moderna ci pone davanti, cerca di sviluppare storie, personaggi e ambientazioni che possano non solo intrattenere, ma soprattutto dare validi spunti di riflessione.

FATUM

MAKING OF

Userò un linguaggio colloquiale per esporre quanto segue; questa è la storia della nascita di Fatum, le ispirazioni, i suoi cambi di “pelle”,
le sue varianti e le peculiarità che si trovavano solo ed esclusivamente in fase embrionale e progettuale iniziale.

Le origini dell’orrore: Hell Frozen

La sua prima stesura inizia nel 2017, al tempo, Fatum si intitolava “Hell Frozen”. Il protagonista, Michael, era un investigatore privato, il quale doveva indagare su dei presunti abusi in un orfanotrofio ubicato nei pressi di un bosco (in Fatum, l’ambientazione è stata riconvertita nell’orfanotrofio nel quale inizia l’avventura prima di arrivare alla Casa della Speranza).
Si esplorava il concetto di “orrore diurno”, infatti, tutta l’avventura era alla piena luce del sole; le uniche sezioni scure, sarebbero state all’interno della struttura.
Al suo arrivo, il protagonista si sarebbe imbattuto in un ambiente per nulla ostile, per prendere una piega sempre più degradata man mano che l’avventura proseguiva; il nemico principale, sarebbe stato il custode (recuperato solo nel design descrittivo per Fatum, il suo lato comportamentale, invece, viene relegato al Sig. Missbrauch) il quale avrebbe avuto un ruolo più marcato di esecutore, indossando un sacco di iuta rosso, utilizzato nella versione finale di Fatum come raffigurazione del “Dio Cremisi”, con la differenza che indossa un cappuccio a punta.
Tra gli altri antagonisti, ci sarebbero stati dei bambini i quali avevano subito interventi chirurgici e un profondo lavaggio del cervello, quindi il protagonista avrebbe dovuto di fatto uccidere dei bambini.
Questa cosa fu poi scartata in quanto parve veramente troppo eccessiva per certi versi, e non aggiungeva nulla di profondo se non un elemento di disturbo emotivo fin troppo rozzo (infatti, al contrario, nella fase finale di Fatum, i protagonisti sono dei bambini, anziché essere dei nemici).
La struttura era vecchia, maleodorante ed infestata da abomini, inoltre, vigeva sempre un culto, il quale non specificai mai, ma in Fatum divenne il culto del “Dio Cremisi”.
Michael era supportato da un suo amico nelle indagini; Hofmann, un barista molto amico del protagonista.
Di fatto, era una versione molto diversa da ciò che poi divenne in seguito il libro; Michael, infatti, si scopriva man mano essere un alcolizzato e che, in realtà, stava rivivendo dei suoi traumi passati in orfanotrofio; si trattava di allucinazioni dovute da abuso di alcool e dai traumi mai superati.
Il libro terminava con il protagonista scoprire che il suo amico Hofmann era morto qualche ora prima degli eventi per mano di Michael, ma non poteva accettare di aver compito un tale gesto.
L’amico aveva cercato di farlo smettere di bere, ma lui lo uccise con un colpo di pistola, per poi fuggire.
Lo stesso giorno, si reca all’orfanotrofio per un suo costrutto mentale di un caso fittizio da risolvere insieme al suo amico, ma in realtà, in cuor suo, cercava di divincolarsi dal senso di colpa.

ROOM 814

Room 814 fu una versione più simile di Fatum, ideata verso la fine del 2017, riprendendo parte del materiale scartato di Hell Frozen, ma rielaborandolo pesantemente.
Michael ora è un ragazzino che, dal suo orfanotrofio, viene mandato a “Villa Speranza”.
Quando giunge alla struttura, in modo analogo alla versione finale, si trova dinanzi ad una torre cilindrica senza finestre.
Quando vi entra non trova nessuno, dalle spalle si sente tirare, voltandosi vede un uomo obeso che indossa un cappuccio a punta rossa che, prima di sferrargli un pugno sul volto per farlo cadere a terra privo di sensi gli urla “Benvenuto nella tua nuova famiglia!”
Si risveglia così nella stanza 814, dove fa amicizia con altri ragazzini.
La maggior parte dell’avventura si sarebbe svolta all’interno della stanza, e non al di fuori; di fatto, la stanza, come le altre della struttura, era pregna di meccanismi segreti per muovere e spostare la stanza circolarmente sul medesimo piano con un sistema di rotazione.
Qui, anziché esserci il tema centrale di un culto, c’era quello della famiglia, il custode infatti, cercava di costruire la sua famiglia perfetta, basata su disciplina e violenza.
Non c’erano altri aguzzini, ma solo il custode nelle sue due versioni; con e senza cappuccio rosso.
Senza aveva la veste quasi da padre severo, con il cappuccio, una veste da punitore, limitandosi ad essere aggressivo e violento sino a sporcarsi di sangue dei giovani, e a respirare affannosamente.
I ragazzini avrebbero ucciso il custode facendolo entrare in una stanza, la quale in uno dei suoi meccanismi, apriva a terra una botola che avrebbe condotto al retro della cucina, con un sistema meccanizzato che lo avrebbe tritato e gettato i suoi pezzi di carne in un catino, pronto per essere servito come pasto l’indomani, a dare evidenza che nella struttura il cibo erano bambini morti.
I ragazzi sarebbero riusciti a fuggire con una barca ubicata nei pressi del molo adiacente alla struttura.

Ispirazioni

Le ispirazioni del titolo arrivano dalle più disparate, ma prettamente videoludiche; titoli come Silent Hill, 2Dark, Little Nightmare, Rule of Rose, possiedono elementi con analogie, culti, sevizie contro minori, minori come protagonisti, ambientazioni luride e marcescenti e altre tematiche molto importanti.
Spesso, avendo a che fare con questi titoli, si giungeva in punti cruciali dove pensavo si sarebbe intrapresa una strada coraggiosa, anche azzardata, accentuando ancora di più delle tematiche già delicate di per sé, ma sembravano sempre prendere una deriva più soft, come a voler in parte smorzare il senso di disagio che certe scene potevano arrecare.
L’unico con quel coraggio, fu Silent Hill, il quale non si poneva limiti, ma il suo essere un mondo tra l’onirico e il reale, poteva far perdere la percezione di certe simbologie, oppure, poteva essere ampliato molto di più in certe sezioni.
Per questo mi sono ispirato al secondo capitolo della saga per le atmosfere deprimenti e malinconiche che rispecchiavano il degrado non solo di una società, ma del protagonista.
Rule of Rose, alla sua uscita venne vessato dalla stampa, in quanto era incentrato sull’abuso psicologico e fisico su degli orfani.
Molto derivativo da Silent Hill, per il fatto di avere nemici che rispecchiavano i traumi della protagonista; tuttavia, la sua idea di avere come nemici dei bambini deformi, frutto della mente ormai corrotta della protagonista era futuristica, laddove nessun videogioco fino a quel momento dava l’opportunità di arrecare danni ai bambini.
Era ambientato per un breve tempo in un orfanotrofio, per poi passare ad un dirigibile con le fattezze di un cetaceo volante.
Ogni cosa rappresentava una distorsione della mente della povera malcapitata.
Little Nightmare è un gioco platform 2D con profondità 3D, con la peculiarità di avere come protagonista una bambina (di nome Six) che deve fuggire da quella che pare essere una struttura detentiva all’inizio, per poi divenire sempre più simile ad una mensa e ad una casa.
Little NIghtmare è, infatti, ambientato in una struttura subacquea dove i bambini vengono incarcerati e trasformati dai poteri di una strega in Nomini (esserini simili a gnomi).
Man mano che si sale, si arriva ad una mensa dove persone grasse ed enormi, marciano per avere il loro cibo, fino a raggiungere gli alloggi della Signora, la strega di turno.
Si può evincere, ma non è appurato, che le salsicce siano i Nomini, e che quindi gli uomini grassi (i potenti) si cibino dei bambini trasformati.
Lo si può intuire anche dal fatto che Six si ciberà di un Nomino quando questi gli offrirà una salsiccia, e che nella cucina c’è un nomino morto su una trave, oltre che i cuochi, come gli altri aguzzini, danno loro la caccia e se presi, così come se Six viene presa, ci sarà un destino ignoto.
2Dark è un horror isometrico, il quale ci vede nei panni di un investigatore al quale, anni addietro sono stati rapiti i figli.
Vittima di alcolismo e depressione, decide di farsi giustizia da sé dando la caccia ai killer che rapiscono i bambini.
A tratti pare ilare, quasi voler essere una parodia humor nero a tinte horror su fatti che sarebbero difficili da trattare.
L’idea di scortare bambini, salvarli da pedofili e aguzzini, infatti, è molto interessante, ed è stata una delle prime fonti di ispirazione.
Spero abbiate gradito questa analisi personale che ho voluto fare, dedita a sviscerare le origini dell’opera e le sue influenze.

Finale alternativo

La salita durò pochi minuti, finché non caddero a terra.
Si ritrovarono in cucina, uno dei luoghi più vietati dell’intera struttura.
Senza che ebbero possibilità di movimento, qualcosa piombò addosso a loro.
Si trattava di una donna in sovrappeso vestita in lattice nero; l'abito era cosparso di cinghie e borchie, con una maschera del medesimo materiale che copriva i suoi occhi e il capo per lasciar libera solo la bocca, tenuta perennemente aperta da dei ganci conficcati tra la nuca e le labbra.
Un cartellino sul suo bizzarro vestito recava il nome "Signora Eintopf”.
La donna prese con irruenza i ragazzini e li chiuse in varie gabbie poste sul lato sinistro della cucina; nel mentre sopraggiunsero dei passi pesanti e pochi istanti più tardi si palesò il custode.
L'uomo in affanno si diresse verso la gabbia di Michael, mentre gli altri amici gli intimavano di lasciarlo stare.
«Sai, piccolo bastardo, alla fine, forse sei l'unico tra questi aborti viventi che merita ancora di vivere…»
Il custode aprì la gabbia e lo tirò fuori di forza.
Claire urlò e sbraitò, ma le sue urla furono messe a tacere quando la Signora Eintopf la prese e la sbatté irruentemente su di un tavolo.
L'ultima cosa che Michael vide di lei fu offuscata dall'ombra della cuoca che brandiva una grossa mannaia. L’ultima cosa che sentì fu un colpo secco.
Il ragazzino tentò inutilmente di divincolarsi dalla salda presa del custode.
L’uomo lo condusse in una stanza circolare, dove vi era una poltrona con uno strano meccanismo attaccato su di essa, oltre a ganci e cinture di pelle per immobilizzare la vittima.
Al centro si trovava un telo bianco sudicio e un proiettore adiacente alla porta.
Il custode lo scosse fino a fargli cadere la chiave dalla tasca.
«Eheheh... questa la prendo io. Tu... tu sei ostile... ma incredibilmente tenace... come me.»
Il custode lo legò alla poltrona e gli pose dei ganci sugli occhi per mantenerli aperti, poi gli mise uno straccio in bocca per impedirgli di urlare.
«Oooh andiamo... non fare così. Ti divertirai, tranquillo... e ti bagnerò gli occhi, non voglio renderti cieco…»
Fissò degli ultimi ganci per impedirgli di muovere la testa e accese il proiettore: immagini a carrellata di uomini dal cappuccio rosso, della medesima stazza del custode, apparvero sullo schermo, mentre compivano rituali.
Il tutto era senza sonoro, si poteva udire solo il rumore della pellicola che girava e il custode fare qualche tiro di sigaretta.
«Capisci perché lo faccio? Lo sai in fondo che ho ragione... sono peccatori... sono... dei maiali! Sguazzano nello schifo più totale, hanno bisogno di qualcuno che li educhi, che faccia comprendere loro cosa significa davvero soffrire, così che possano apprezzare le cose più belle, come... eheheh... questa splendida struttura, il nostro credo... CHE IL DIO CREMISI SIA SEMPRE LODATO!»

La tortura andò avanti per moltissimo tempo, tutti i giorni.
Il custode lo prelevava dalla sua cella di isolamento e lo piazzava dinanzi al telo bianco per guardare ancora e ancora e ancora quella riproduzione cinematografica.

Qualche anno dopo, Michael, vestito con una tunica bianca, venne condotto nuovamente alla sedia. Oramai aveva sempre gli occhi sgranati ormai e un ghigno malefico.
Il custode gli si avvicinò, accennò un sorriso e gli coprì il volto con un cappuccio a punta rosso, poi lo liberò.
Michael a quel punto emise un urlo animalesco, mischiando sofferenza e rabbia.
Il custode gli porse una picca, dopodiché si inginocchiò dinanzi a lui.
«Finalmente, l'Esecutore è qui... il Dio Cremisi è tra noi!»

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